I funerali del Grande Torino, il palpito di un sogno infranto.

I funerali del Grande Torino. Una città in lutto: 600 mila cuori stretti in un solo dolore
Torino si ferma. È il 6 maggio 1949.
Una folla immensa, più di 600 mila persone, si riversa nelle strade e nelle piazze del centro per rendere omaggio a una squadra diventata leggenda.
Il Grande Torino non c’è più.
I suoi campioni sono scomparsi nel disastro di Superga, e adesso la città si stringe in un abbraccio silenzioso, disperato, infinito.
Il lungo corteo: l’ultimo giro tra la sua gente
Nel pomeriggio, il corteo funebre si snoda per le vie del cuore di Torino, affinché il maggior numero di persone possa vedere, salutare, piangere.
Le bare, uscite da Palazzo Madama tra centinaia di corone di fiori, sono caricate su camion funebri.
La mesta processione attraversa via Roma, passa per piazza San Carlo, sfiora la strettoia tra le chiese gemelle, arriva in piazza Carlo Felice.
Poi svolta su corso Vittorio Emanuele II, corso Re Umberto, via Alfieri, piazza San Giovanni. Infine arriva al Duomo.
Torino intera è un fiume di dolore.
I funerali del Grande Torino: una cerimonia che diventa leggenda
Il funerale ha inizio nel tardo pomeriggio. Luce e ombra si intrecciano nella memoria collettiva.
Le parole de La Stampa raccontano una scena che trascende il tempo:
“Davanti al Duomo, pallidissimo ormai nella sera, di fronte al Cardinale che sugli alti gradini aveva un aspetto di padre antico, sostavano tra la folla e i labari e le bandiere, i morti.
E annottava. E figure e colori si spegnevano; e il Cardinale benedisse qui i morti.
Buio; venne il buio improvviso.
Nella gran piazza gremita non si distingueva più che un vago disegno, che macchie più scure, meno scure, confuse, poi annullate.
Ma in quel buio, in quel nero si sentì come un palpito, segreto, fuggevole.
Non suono, né luce, né voce.
Il palpito di un sogno infranto.”
In quelle righe, vive l’anima di un popolo.
Il cuore di Torino batte ancora per i suoi eroi
I funerali del Grande Torino non furono solo un commiato. Furono un giuramento collettivo: non dimenticheremo mai.
Quel 6 maggio 1949, Torino smise di essere solo una città. Diventò simbolo di un particolare connubio: sport e sacrificio.
Il Grande Torino non muore: continua a vivere nei ricordi, nei racconti, in ogni bambino che calcia un pallone sognando l’immortalità.
Nel silenzio di quella sera, nel buio calato su piazza San Giovanni, il Grande Torino non appartiene più solo al calcio.
Appartiene alla storia. Appartiene all’eternità.
Laura Persico Pezzino
Immagine dal sito https://www.toronews.net/
I funerali del Grande Torino. Una città in lutto: 600 mila cuori stretti in un solo dolore
Torino si ferma. È il 6 maggio 1949.
Una folla immensa, più di 600 mila persone, si riversa nelle strade e nelle piazze del centro per rendere omaggio a una squadra diventata leggenda.
Il Grande Torino non c’è più.
I suoi campioni sono scomparsi nel disastro di Superga, e adesso la città si stringe in un abbraccio silenzioso, disperato, infinito.
Il lungo corteo: l’ultimo giro tra la sua gente
Nel pomeriggio, il corteo funebre si snoda per le vie del cuore di Torino, affinché il maggior numero di persone possa vedere, salutare, piangere.
Le bare, uscite da Palazzo Madama tra centinaia di corone di fiori, sono caricate su camion funebri.
La mesta processione attraversa via Roma, passa per piazza San Carlo, sfiora la strettoia tra le chiese gemelle, arriva in piazza Carlo Felice.
Poi svolta su corso Vittorio Emanuele II, corso Re Umberto, via Alfieri, piazza San Giovanni. Infine arriva al Duomo.
Torino intera è un fiume di dolore.
I funerali del Grande Torino: una cerimonia che diventa leggenda
Il funerale ha inizio nel tardo pomeriggio. Luce e ombra si intrecciano nella memoria collettiva.
Le parole de La Stampa raccontano una scena che trascende il tempo:
“Davanti al Duomo, pallidissimo ormai nella sera, di fronte al Cardinale che sugli alti gradini aveva un aspetto di padre antico, sostavano tra la folla e i labari e le bandiere, i morti.
E annottava. E figure e colori si spegnevano; e il Cardinale benedisse qui i morti.
Buio; venne il buio improvviso.
Nella gran piazza gremita non si distingueva più che un vago disegno, che macchie più scure, meno scure, confuse, poi annullate.
Ma in quel buio, in quel nero si sentì come un palpito, segreto, fuggevole.
Non suono, né luce, né voce.
Il palpito di un sogno infranto.”
In quelle righe, vive l’anima di un popolo.
Il cuore di Torino batte ancora per i suoi eroi
I funerali del Grande Torino non furono solo un commiato. Furono un giuramento collettivo: non dimenticheremo mai.
Quel 6 maggio 1949, Torino smise di essere solo una città. Diventò simbolo di un particolare connubio: sport e sacrificio.
Il Grande Torino non muore: continua a vivere nei ricordi, nei racconti, in ogni bambino che calcia un pallone sognando l’immortalità.
Nel silenzio di quella sera, nel buio calato su piazza San Giovanni, il Grande Torino non appartiene più solo al calcio.
Appartiene alla storia. Appartiene all’eternità.
Laura Persico Pezzino
Immagine dal sito https://www.toronews.net/