Il prequel “Cimitero vivente: le origini” delude le aspettative degli appassionati di horror movie..

Il prequel “Cimitero vivente: le origini” delude le aspettative. La piattaforma Prime Video ospita un nuovo titolo horror ispirato al maestro del terrore Stephen King: Cimitero vivente: le origini (Pet Sematary: Bloodlines).
Il film, scritto e diretto da Lindsay Anderson Beer, nasce come prequel di Pet Sematary del 2019, a sua volta tratto dall’iconico romanzo di King.
Nonostante le grandi aspettative, però, l’operazione si rivela tutt’altro che riuscita.
Il prequel “Cimitero vivente: le origini”: ritorno a Ludlow, tra maledizioni e non-morti
Ambientato negli anni ’60, Cimitero vivente: le origini racconta la giovinezza di Jud Crandall (interpretato da Jackson White), personaggio chiave della saga.
Jud sogna di abbandonare la piccola Ludlow con la fidanzata Norma (Natalie Alyn Lind), ma una forza oscura lo trattiene.
La maledizione del cimitero che fa risorgere uomini e animali torna ad agire: questa volta il colpevole è Bill (David Duchovny), che seppellisce il figlio Timmy, morto in Vietnam.
Come sempre, ciò che torna dalla tomba non è più umano.
Un’occasione mancata: la regia non lascia il segno
Le premesse c’erano tutte: un universo narrativo potente, un passato misterioso da esplorare, un cast di nomi noti.
Eppure, Cimitero vivente: le origini si perde nel più prevedibile degli horror.
La regista Lindsay Anderson Beer sceglie una via sicura, fatta di stereotipi narrativi e scene costruite con fredda perfezione tecnica.
Il risultato? Un film che spaventa poco e coinvolge ancora meno.
I personaggi mancano di profondità.
Jud, che dovrebbe essere il cuore emotivo del racconto, resta piatto.
Ancor peggio vanno i comprimari: da David Duchovny, relegato a un ruolo decorativo, alla bravissima Pam Grier, completamente sacrificata.
Tutti sembrano marionette in una storia già vista.
C’è un elemento che si salva: l’impatto visivo.
La fotografia è curata, intensa, capace di regalare qualche suggestione gotica che avrebbe potuto essere la chiave di volta del film.
Purtroppo, l’ottimo comparto tecnico non basta a compensare la scrittura debole e il ritmo frammentato.
Un prequel inutile?
Alla fine, Cimitero vivente: le origini appare come un’operazione commerciale senza vera anima.
Non aggiunge nulla di nuovo all’universo di Pet Sematary e non riesce a restituire quel senso di orrore profondo tipico delle migliori opere ispirate a Stephen King.
Un’occasione sprecata, che lascia dietro di sé più sbadigli che brividi.
Il prequel “Cimitero vivente: le origini” delude le aspettative. La piattaforma Prime Video ospita un nuovo titolo horror ispirato al maestro del terrore Stephen King: Cimitero vivente: le origini (Pet Sematary: Bloodlines).
Il film, scritto e diretto da Lindsay Anderson Beer, nasce come prequel di Pet Sematary del 2019, a sua volta tratto dall’iconico romanzo di King.
Nonostante le grandi aspettative, però, l’operazione si rivela tutt’altro che riuscita.
Il prequel “Cimitero vivente: le origini”: ritorno a Ludlow, tra maledizioni e non-morti
Ambientato negli anni ’60, Cimitero vivente: le origini racconta la giovinezza di Jud Crandall (interpretato da Jackson White), personaggio chiave della saga.
Jud sogna di abbandonare la piccola Ludlow con la fidanzata Norma (Natalie Alyn Lind), ma una forza oscura lo trattiene.
La maledizione del cimitero che fa risorgere uomini e animali torna ad agire: questa volta il colpevole è Bill (David Duchovny), che seppellisce il figlio Timmy, morto in Vietnam.
Come sempre, ciò che torna dalla tomba non è più umano.
Un’occasione mancata: la regia non lascia il segno
Le premesse c’erano tutte: un universo narrativo potente, un passato misterioso da esplorare, un cast di nomi noti.
Eppure, Cimitero vivente: le origini si perde nel più prevedibile degli horror.
La regista Lindsay Anderson Beer sceglie una via sicura, fatta di stereotipi narrativi e scene costruite con fredda perfezione tecnica.
Il risultato? Un film che spaventa poco e coinvolge ancora meno.
I personaggi mancano di profondità.
Jud, che dovrebbe essere il cuore emotivo del racconto, resta piatto.
Ancor peggio vanno i comprimari: da David Duchovny, relegato a un ruolo decorativo, alla bravissima Pam Grier, completamente sacrificata.
Tutti sembrano marionette in una storia già vista.
C’è un elemento che si salva: l’impatto visivo.
La fotografia è curata, intensa, capace di regalare qualche suggestione gotica che avrebbe potuto essere la chiave di volta del film.
Purtroppo, l’ottimo comparto tecnico non basta a compensare la scrittura debole e il ritmo frammentato.
Un prequel inutile?
Alla fine, Cimitero vivente: le origini appare come un’operazione commerciale senza vera anima.
Non aggiunge nulla di nuovo all’universo di Pet Sematary e non riesce a restituire quel senso di orrore profondo tipico delle migliori opere ispirate a Stephen King.
Un’occasione sprecata, che lascia dietro di sé più sbadigli che brividi.