La Danza Macabra, il ballo della morte. Iconografia tra tra arte, paure e umanità.

12 Maggio 2025 - 13:00--Cultura, Spazi di Riflessione-

La Danza Macabra. A partire dal XIV secolo si affermò in Europa un’iconografia relativa al tema della morte che ebbe grande successo sino ad arrivare, rivisitata, ai giorni nostri.

Un’icona visiva e culturale, che affonda le radici nel terrore della peste e nella certezza di un destino comune.

Da Stephen King a Fabrizio De André, da Walt Disney a Edgar Lee Masters, tanti artisti moderni si sono lasciati sedurre da questo simbolo potente: una processione di vivi e morti che si tengono per mano e danzano, come fratelli, verso l’inevitabile.

Una trilogia della morte

La Danza Macabra nasce come terzo atto di un trittico iconografico sviluppatosi in Europa tra il XIII e il XV secolo.

Tutto inizia con l’Incontro dei tre vivi e dei tre morti, probabilmente importato dai francescani di ritorno dal sudest asiatico.

Durante una battuta di caccia, tre nobili si imbattono in altrettanti scheletri che li ammoniscono con una frase indimenticabile:
«Noi siam quel che voi sarete, noi fummo quel che voi siete.»

Segue il secondo tema, molto diffuso in Italia: il Trionfo della Morte.
Qui la morte non è una minaccia, ma una sovrana che osserva dall’alto la folla umana, ricca o povera che sia.
Un’iconografia che ricorda il Giudizio Universale, e che ritroviamo in opere come “Ballo in fa diesis minore” di Angelo Branduardi, ispirata all’affresco cinquecentesco di Simone Baschenis a Pinzolo.

La Danza Macabra: la morte balla con tutti

E infine arriva lei, la Danza Macabra: una danza collettiva dove ogni essere umano, dal mendicante al papa, è condotto per mano da uno scheletro verso la fine.

Nata in un’Europa falcidiata dalla peste, questa rappresentazione visiva voleva ricordare una verità semplice e brutale:
la morte non fa distinzioni.

Fra le prime testimonianze, l’affresco del cimitero degli Innocenti di Parigi, dipinto nel 1424 dopo l’assassinio di Luigi d’Orléans.
Ma è in Italia che troviamo uno dei più straordinari esempi pittorici: la Danza Macabra di Clusone (Bergamo), realizzata nel 1485 da Giacomo Borlone de Buschis.
Qui la morte si fa beffa dei potenti: il vescovo tenta di corromperla con monete d’oro, il doge con confetti di zucchero.
Ma nulla serve: nessuno può comprare il diritto di vivere.

Danza Macabra: dall’Italia alla Slovenia affreschi che raccontano

Anche a Hrastovlje, in Slovenia, sopravvive una splendida Danza Macabra, affrescata nel 1490 da Giovanni da Castua nella chiesa fortificata della Santissima Trinità.

Undici coppie, uomini e donne di ogni rango sociale, camminano verso una tomba aperta, accompagnati da scheletri silenziosi.

L’opera venne scoperta solo nel 1949, nascosta sotto uno strato di calce usato come disinfettante durante le epidemie.

Un messaggio universale: memento mori

Dettaglio dell’affresco dipinto da Giacomo Borlone de Buschis tra il 1484 e il 1485. Oratorio dei Disciplini di Clusone, Bergamo

Ma perché questa danza?
Perché nei secoli bui della peste, la morte era ovunque, e la gente, spesso analfabeta, aveva bisogno di immagini forti per riflettere.

La Danza Macabra è un memento mori, un ammonimento visivo:
non importa chi sei, quanto hai o quanto conti. La morte è una livella.

Esattamente come diceva Totò: «’A morte ‘o ssaje ched’è? … È una livella.»

E in questa livellazione c’è anche una satira feroce: i ricchi umiliati, i poveri riscattati, l’uguaglianza conquistata almeno nell’ultimo respiro.

Le origini del termine “macabro”

Il termine “macabro” compare per la prima volta nel 1376, nel Respit de la mort di Jean Le Fèvre, come “Danse de Macabré”.

Probabilmente si riferiva a Giuda Maccabeo e all’episodio dei sette fratelli martiri uccisi per la loro fede: una storia di sacrificio e giustizia eterna, che si lega al culto dei morti e alla riflessione morale.

La danza Macabra non smette di parlarci

La Danza Macabra continua ad affascinare. È arte, è filosofia, è spiritualità.
È la rappresentazione visiva di una verità che ci accomuna tutti, oggi come nel Medioevo.
Una danza crudele e poetica, beffarda e solenne, che ci sussurra:
“Prepara il cuore, perché prima o poi danzerai anche tu.”

Laura Persico Pezzino

FONTE: https://www.storicang.it/

 

 

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La Danza Macabra. A partire dal XIV secolo si affermò in Europa un’iconografia relativa al tema della morte che ebbe grande successo sino ad arrivare, rivisitata, ai giorni nostri.

Un’icona visiva e culturale, che affonda le radici nel terrore della peste e nella certezza di un destino comune.

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La Danza Macabra nasce come terzo atto di un trittico iconografico sviluppatosi in Europa tra il XIII e il XV secolo.

Tutto inizia con l’Incontro dei tre vivi e dei tre morti, probabilmente importato dai francescani di ritorno dal sudest asiatico.

Durante una battuta di caccia, tre nobili si imbattono in altrettanti scheletri che li ammoniscono con una frase indimenticabile:
«Noi siam quel che voi sarete, noi fummo quel che voi siete.»

Segue il secondo tema, molto diffuso in Italia: il Trionfo della Morte.
Qui la morte non è una minaccia, ma una sovrana che osserva dall’alto la folla umana, ricca o povera che sia.
Un’iconografia che ricorda il Giudizio Universale, e che ritroviamo in opere come “Ballo in fa diesis minore” di Angelo Branduardi, ispirata all’affresco cinquecentesco di Simone Baschenis a Pinzolo.

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E infine arriva lei, la Danza Macabra: una danza collettiva dove ogni essere umano, dal mendicante al papa, è condotto per mano da uno scheletro verso la fine.

Nata in un’Europa falcidiata dalla peste, questa rappresentazione visiva voleva ricordare una verità semplice e brutale:
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Fra le prime testimonianze, l’affresco del cimitero degli Innocenti di Parigi, dipinto nel 1424 dopo l’assassinio di Luigi d’Orléans.
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Qui la morte si fa beffa dei potenti: il vescovo tenta di corromperla con monete d’oro, il doge con confetti di zucchero.
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Anche a Hrastovlje, in Slovenia, sopravvive una splendida Danza Macabra, affrescata nel 1490 da Giovanni da Castua nella chiesa fortificata della Santissima Trinità.

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