2 luglio 1778. Muore Jean-Jacques Rousseau, padre del Contratto sociale.

Il 2 luglio 1778, Jean-Jacques Rousseau si spegne a Ermenonville, immerso nella natura che tanto ama.
Ha 66 anni.
Il suo corpo si ferma, ma il suo pensiero continua a camminare.
Rousseau non è un filosofo come gli altri.
Parla con la voce di chi sente, non solo di chi ragiona.
Non si nasconde dietro concetti astratti.
Scrive per toccare, per muovere qualcosa dentro.
È scomodo, certo.
Non fa mai quello che ci si aspetta.
Ma proprio per questo cambia il modo in cui l’Europa guarda sé stessa, la politica, l’educazione, la libertà.
Jean-Jacques Rousseau e la ricerca di verità, non di consenso
Nasce a Ginevra nel 1712.
Sua madre muore poco dopo la sua nascita, il padre se ne va quando lui è ancora piccolo.
Cresce un po’ da solo, un po’ in fuga, sempre alla ricerca di un posto dove sentirsi intero.
Viaggia, legge, osserva.
Cambiare idea, per lui, non è un difetto.
È il modo più sincero per restare vivo.
Arrivato a Parigi, si avvicina al mondo degli enciclopedisti.
Ma resta un outsider.
Non per mancanza di intelligenza, ma perché rifugge il sarcasmo facile e l’élite chiusa in sé stessa.
Nel Contratto sociale, pubblicato nel 1762, scrive che la sovranità appartiene al popolo.
Oggi sembra scontato.
Allora è un’idea che fa tremare i troni.
Rousseau sogna un’umanità più libera, più naturale, più giusta.
Nel Discorso sull’origine della disuguaglianza, in Emilio, nelle Confessioni, mette al centro l’infanzia, la coscienza, la responsabilità.
Racconta sé stesso, anche nelle sue debolezze.
E lo fa con un’onestà che, ancora oggi, sorprende.
Una fine silenziosa, una memoria che non si spegne
Negli ultimi anni della sua vita, si allontana da tutto.
Scrive solo per sé.
Cammina nei boschi, osserva il cielo, cerca una quiete che forse non troverà mai del tutto.
Il 2 luglio 1778 muore, senza clamore.
Viene sepolto a Ermenonville.
Ma nel 1794, in piena Rivoluzione francese, il suo corpo viene spostato nel Pantheon, accanto a Voltaire.
Due pensatori diversi, spesso in disaccordo.
Ma legati dallo stesso desiderio: liberare l’essere umano, nel pensiero e nella vita.
Il 2 luglio 1778, Jean-Jacques Rousseau si spegne a Ermenonville, immerso nella natura che tanto ama.
Ha 66 anni.
Il suo corpo si ferma, ma il suo pensiero continua a camminare.
Rousseau non è un filosofo come gli altri.
Parla con la voce di chi sente, non solo di chi ragiona.
Non si nasconde dietro concetti astratti.
Scrive per toccare, per muovere qualcosa dentro.
È scomodo, certo.
Non fa mai quello che ci si aspetta.
Ma proprio per questo cambia il modo in cui l’Europa guarda sé stessa, la politica, l’educazione, la libertà.
Jean-Jacques Rousseau e la ricerca di verità, non di consenso
Nasce a Ginevra nel 1712.
Sua madre muore poco dopo la sua nascita, il padre se ne va quando lui è ancora piccolo.
Cresce un po’ da solo, un po’ in fuga, sempre alla ricerca di un posto dove sentirsi intero.
Viaggia, legge, osserva.
Cambiare idea, per lui, non è un difetto.
È il modo più sincero per restare vivo.
Arrivato a Parigi, si avvicina al mondo degli enciclopedisti.
Ma resta un outsider.
Non per mancanza di intelligenza, ma perché rifugge il sarcasmo facile e l’élite chiusa in sé stessa.
Nel Contratto sociale, pubblicato nel 1762, scrive che la sovranità appartiene al popolo.
Oggi sembra scontato.
Allora è un’idea che fa tremare i troni.
Rousseau sogna un’umanità più libera, più naturale, più giusta.
Nel Discorso sull’origine della disuguaglianza, in Emilio, nelle Confessioni, mette al centro l’infanzia, la coscienza, la responsabilità.
Racconta sé stesso, anche nelle sue debolezze.
E lo fa con un’onestà che, ancora oggi, sorprende.
Una fine silenziosa, una memoria che non si spegne
Negli ultimi anni della sua vita, si allontana da tutto.
Scrive solo per sé.
Cammina nei boschi, osserva il cielo, cerca una quiete che forse non troverà mai del tutto.
Il 2 luglio 1778 muore, senza clamore.
Viene sepolto a Ermenonville.
Ma nel 1794, in piena Rivoluzione francese, il suo corpo viene spostato nel Pantheon, accanto a Voltaire.
Due pensatori diversi, spesso in disaccordo.
Ma legati dallo stesso desiderio: liberare l’essere umano, nel pensiero e nella vita.