28 aprile 1966. Muore Gilberto Govi, il volto indimenticabile della comicità genovese.

Gilberto Govi, all’anagrafe Amerigo Armando Gilberto Govi, nasce a Genova il 22 ottobre 1885.
Cresce tra i caruggi della città, in un ambiente popolare dove l’ironia è una lingua madre.
Frequenta le scuole insieme al fratello Amleto, dividendo con lui un’infanzia semplice, ma carica di osservazione e curiosità.
È durante una vacanza a Bologna, ospite dello zio materno Torquato, attore dilettante, che scopre il fascino del teatro.
Da quel momento, il palcoscenico diventa il suo orizzonte naturale: imita, racconta, vive personaggi tratti dalla vita vera.
Fondatore del teatro dialettale genovese
Con il tempo, Gilberto Govi non si limita più a recitare: diventa l’anima di un intero movimento culturale.
Nel 1942 fonda il Teatro Dialettale Genovese, con l’obiettivo di dare dignità artistica alla lingua e alla cultura popolare della sua terra.
Attraverso testi ironici e profondi, restituisce ai suoi concittadini il gusto di riconoscersi in storie semplici e autentiche.
Il suo teatro mescola risate e malinconia, elevando il dialetto genovese a un linguaggio teatrale nobile, capace di parlare a tutta l’Italia.
Il teatro di Gilberto Govi: risate che raccontano la vita
Gilberto Govi scolpisce i suoi personaggi come figure reali: artigiani, borghesi, padri di famiglia pieni di tic e di umanità.
Con commedie come I manezzi pe majâ na figgia e Pignasecca e Pignaverde, conquista il pubblico con uno stile essenziale, fatto di gesti misurati e battute calibrate.
La sua comicità è leggera e profonda, mai volgare, sempre capace di toccare corde universali.
Riesce a trasformare una lingua locale in uno specchio limpido della società italiana del suo tempo.
28 aprile 1966: l’addio a un maestro della scena
Gilberto Govi si spegne a Genova il 28 aprile 1966, dopo una lunga malattia.
Riposa nel Cimitero Monumentale di Staglieno, nel Porticato di Sant’Antonino, accanto alla moglie Rina.
Sulla sua tomba, decorata con maschere teatrali scolpite da Guido Galletti, non ci sono frasi solenni, ma tutto parla di lui: del sorriso lieve, della passione discreta, dell’arte sincera.
Gilberto Govi, all’anagrafe Amerigo Armando Gilberto Govi, nasce a Genova il 22 ottobre 1885.
Cresce tra i caruggi della città, in un ambiente popolare dove l’ironia è una lingua madre.
Frequenta le scuole insieme al fratello Amleto, dividendo con lui un’infanzia semplice, ma carica di osservazione e curiosità.
È durante una vacanza a Bologna, ospite dello zio materno Torquato, attore dilettante, che scopre il fascino del teatro.
Da quel momento, il palcoscenico diventa il suo orizzonte naturale: imita, racconta, vive personaggi tratti dalla vita vera.
Fondatore del teatro dialettale genovese
Con il tempo, Gilberto Govi non si limita più a recitare: diventa l’anima di un intero movimento culturale.
Nel 1942 fonda il Teatro Dialettale Genovese, con l’obiettivo di dare dignità artistica alla lingua e alla cultura popolare della sua terra.
Attraverso testi ironici e profondi, restituisce ai suoi concittadini il gusto di riconoscersi in storie semplici e autentiche.
Il suo teatro mescola risate e malinconia, elevando il dialetto genovese a un linguaggio teatrale nobile, capace di parlare a tutta l’Italia.
Il teatro di Gilberto Govi: risate che raccontano la vita
Gilberto Govi scolpisce i suoi personaggi come figure reali: artigiani, borghesi, padri di famiglia pieni di tic e di umanità.
Con commedie come I manezzi pe majâ na figgia e Pignasecca e Pignaverde, conquista il pubblico con uno stile essenziale, fatto di gesti misurati e battute calibrate.
La sua comicità è leggera e profonda, mai volgare, sempre capace di toccare corde universali.
Riesce a trasformare una lingua locale in uno specchio limpido della società italiana del suo tempo.
28 aprile 1966: l’addio a un maestro della scena
Gilberto Govi si spegne a Genova il 28 aprile 1966, dopo una lunga malattia.
Riposa nel Cimitero Monumentale di Staglieno, nel Porticato di Sant’Antonino, accanto alla moglie Rina.
Sulla sua tomba, decorata con maschere teatrali scolpite da Guido Galletti, non ci sono frasi solenni, ma tutto parla di lui: del sorriso lieve, della passione discreta, dell’arte sincera.