“La morte a Venezia” di Thomas Mann.

Citazioni per il commiato, “La morte a Venezia” di Thomas Mann.
Il commiato è un momento particolare nella vita degli esseri umani, carico di emozioni e significati profondi.
Il commiato “segna” il tempo del saluto. E in particolare il commiato funebre avvolge quel tempo sospeso che è il lasciar andare verso un’altra dimensione chi abbiamo amato.
Attraverso poesie, citazioni e brani scelti con cura, questa rubrica settimanale “Citazioni per il Commiato” vuole offrire un piccolo spazio di riflessione, conforto, memoria e ispirazione alla bellezza.
Che sia per ricordare chi non c’è più o per trovare un momento di intima connessione con se stessi.
Thomas Mann e uno sguardo che attraversa la fine

Nel 1912 Thomas Mann pubblica “La morte a Venezia”, storia di Gustav von Aschenbach, artista maturo che in una Venezia elegante e febbricitante resta incantato dalla bellezza di un giovane polacco, Tadzio.
Nel 1971 Luchino Visconti ne fa un film con Dirk Bogarde, trasformando la storia in un flusso di immagini e musica che raccontano senza spiegare, lasciando che siano silenzi e sguardi a condurre lo spettatore verso l’epilogo.
Il film si chiude al Lido, sotto una luce dorata: Aschenbach, ormai consapevole della sua fragilità, resta immobile sulla sedia, gli occhi fissi verso il mare e verso il ragazzo che lo ha catturato.
In quell’istante, la sua storia trova compimento.

La morte a Venezia
di Thomas Mann
«Seduto, immobile, egli continuava a guardare, come assorto in una contemplazione che cancellava il tempo.
Il mormorio del mare, il lento muoversi delle onde, il chiarore dorato del tramonto avvolgevano la figura in un alone quasi sacro.
Avvertì che la sua vita, con tutte le fatiche, le gioie e le ombre, lo aveva condotto lì, a quell’ultimo incontro con la bellezza.
Non vi era paura, solo una calma profonda e la certezza che l’anima, colma di ciò che aveva amato, poteva infine lasciarsi andare.
Così, nella dolcezza di quell’ora, egli si sentì in pace, come se la fine fosse un ritorno.»
Un saluto che resta
Questa scena, sulla pagina e sullo schermo, non è solo un epilogo: è un momento in cui la vita intera sembra concentrarsi in un solo sguardo.
Non c’è paura, ma accettazione. Non c’è perdita, ma un ritorno silenzioso a ciò che ha davvero contato.
E forse, nei commiati, è questo che cerchiamo: la possibilità di lasciare andare con la stessa calma.
Citazioni per il commiato, “La morte a Venezia” di Thomas Mann.
Il commiato è un momento particolare nella vita degli esseri umani, carico di emozioni e significati profondi.
Il commiato “segna” il tempo del saluto. E in particolare il commiato funebre avvolge quel tempo sospeso che è il lasciar andare verso un’altra dimensione chi abbiamo amato.
Attraverso poesie, citazioni e brani scelti con cura, questa rubrica settimanale “Citazioni per il Commiato” vuole offrire un piccolo spazio di riflessione, conforto, memoria e ispirazione alla bellezza.
Che sia per ricordare chi non c’è più o per trovare un momento di intima connessione con se stessi.
Thomas Mann e uno sguardo che attraversa la fine

Nel 1912 Thomas Mann pubblica “La morte a Venezia”, storia di Gustav von Aschenbach, artista maturo che in una Venezia elegante e febbricitante resta incantato dalla bellezza di un giovane polacco, Tadzio.
Nel 1971 Luchino Visconti ne fa un film con Dirk Bogarde, trasformando la storia in un flusso di immagini e musica che raccontano senza spiegare, lasciando che siano silenzi e sguardi a condurre lo spettatore verso l’epilogo.
Il film si chiude al Lido, sotto una luce dorata: Aschenbach, ormai consapevole della sua fragilità, resta immobile sulla sedia, gli occhi fissi verso il mare e verso il ragazzo che lo ha catturato.
In quell’istante, la sua storia trova compimento.

La morte a Venezia
di Thomas Mann
«Seduto, immobile, egli continuava a guardare, come assorto in una contemplazione che cancellava il tempo.
Il mormorio del mare, il lento muoversi delle onde, il chiarore dorato del tramonto avvolgevano la figura in un alone quasi sacro.
Avvertì che la sua vita, con tutte le fatiche, le gioie e le ombre, lo aveva condotto lì, a quell’ultimo incontro con la bellezza.
Non vi era paura, solo una calma profonda e la certezza che l’anima, colma di ciò che aveva amato, poteva infine lasciarsi andare.
Così, nella dolcezza di quell’ora, egli si sentì in pace, come se la fine fosse un ritorno.»
Un saluto che resta
Questa scena, sulla pagina e sullo schermo, non è solo un epilogo: è un momento in cui la vita intera sembra concentrarsi in un solo sguardo.
Non c’è paura, ma accettazione. Non c’è perdita, ma un ritorno silenzioso a ciò che ha davvero contato.
E forse, nei commiati, è questo che cerchiamo: la possibilità di lasciare andare con la stessa calma.

















































































