Claudio Lolli, “Aspettando Godot”.

Citazioni per il commiato, Claudio Lolli “Aspettando Godot”.
Il commiato è un momento particolare nella vita degli esseri umani, carico di emozioni e significati profondi.
Il commiato “segna” il tempo del saluto. E in particolare il commiato funebre avvolge quel tempo sospeso che è il lasciar andare verso un’altra dimensione chi abbiamo amato.
Attraverso poesie, citazioni e brani scelti con cura, questa rubrica settimanale “Citazioni per il Commiato” vuole offrire un piccolo spazio di riflessione, conforto, memoria e ispirazione alla bellezza.
Che sia per ricordare chi non c’è più o per trovare un momento di intima connessione con se stessi.
Claudio Lolli
Claudio Lolli (Bologna, 1950 – 2018) è stato una delle voci più autentiche della canzone d’autore italiana.
Cantautore, poeta e insegnante, ha attraversato gli anni Settanta con una scrittura colta e viscerale, capace di raccontare le inquietudini dell’uomo comune e la tensione verso la libertà.
Nei suoi brani convivono rabbia e dolcezza, disillusione e speranza: un’umanità nuda che non si arrende.
La canzone “Aspettando Godot”, ispirata all’opera teatrale di Samuel Beckett, nasce nel 1972 come riflessione sull’attesa, sul senso della vita e sull’immobilità di chi aspetta un cambiamento che non arriva mai.
Ma nel suo verso più intenso, Lolli rovescia tutto: trasforma l’attesa in azione, la paura in coraggio, la morte in consapevolezza.
Aspettando Godot
Di Claudio Lolli
Vivo tutti i miei giorni aspettando Godot,
dormo tutte le notti aspettando Godot.
Ho passato la vita ad aspettare Godot.
Nacqui un giorno di marzo o d’aprile non so,
mia madre che mi allatta è un ricordo che ho,
ma credo che già in quel giorno però
invece di poppare io aspettassi Godot.
Nei prati verdi della mia infanzia,
nei luoghi azzurri di cieli e aquiloni,
nei giorni sereni che non rivedrò
io stavo già aspettando Godot.
L’adolescenza mi strappò di là,
e mi portò ad un tavolo grigio,
dove fra tanti libri però,
invece di leggere aspettavo Godot.
Giorni e giorni a quei tavolini,
gli amici e le donne vedevo vicini,
io mi mangiavo le mani però,
non mi muovevo e aspettavo Godot.
Ma se i sensi comandano l’uomo obbedisce,
così sposai la prima che incontrai,
ma anche la notte di nozze però,
non feci nulla aspettando Godot.
Poi lei mi costrinse ed un figlio arrivò,
piccolo e tondo urlava ogni sera,
ma invece di farlo giocare un po’,
io uscivo fuori ad aspettare Godot.
E dopo questo un altro arrivò,
e dopo il secondo un altro però,
per esser del tutto sincero dirò,
che avrei preferito arrivasse Godot.
Sono invecchiato aspettando Godot,
ho sepolto mio padre aspettando Godot,
ho cresciuto i miei figli aspettando Godot.
Sono andato in pensione dieci anni fa,
ed ho perso la moglie acquistando in età,
i miei figli son grandi e lontani però,
io sto ancora aspettando Godot.
Questa sera sono un vecchio di settant’anni,
solo e malato in mezzo a una strada,
dopo tanta vita più pazienza non ho,
non posso più aspettare Godot.
Ma questa strada mi porta fortuna,
c’è un pozzo laggiù che specchia la luna,
è buio profondo e mi ci butterò,
senza aspettare che arrivi Godot.
In pochi passi ci sono davanti,
ho il viso sudato e le mani tremanti,
e la prima volta che sto per agire,
senza aspettare che arrivi Godot.
Ma l’abitudine di tutta una vita
ha fatto si che ancora una volta,
per un momento io mi sia girato,
a veder se per caso Godot era arrivato.
La morte mi ha preso le mani e la vita,
l’oblio mi ha coperto di luce infinita,
e ho capito che non si può,
coprirsi le spalle aspettando Godot.
Non ho mai agito aspettando Godot,
per tutti i miei giorni aspettando Godot,
e ho incominciato a vivere forte,
proprio andando incontro alla morte.
La rivelazione dell’ultimo passo
In questi versi, la morte non è più un nemico ma una soglia di verità.
Il protagonista capisce che ha vissuto in attesa, rimandando ogni gesto a un “dopo” che non arriva mai.
E proprio nell’attimo finale, quando “la morte gli prende le mani”, scopre che la vita vera comincia solo smettendo di aspettare.
Nel contesto del commiato, Aspettando Godot diventa una canzone di accettazione e di coraggio.
È un invito a non rimandare più, a vivere “forte”, anche dentro la fragilità, anche di fronte alla fine.
Perché chi ama davvero la vita non la consuma nell’attesa, ma la compie fino in fondo, un passo dopo l’altro, “andando incontro alla morte” con dignità e luce.
Citazioni per il commiato, Claudio Lolli “Aspettando Godot”.
Il commiato è un momento particolare nella vita degli esseri umani, carico di emozioni e significati profondi.
Il commiato “segna” il tempo del saluto. E in particolare il commiato funebre avvolge quel tempo sospeso che è il lasciar andare verso un’altra dimensione chi abbiamo amato.
Attraverso poesie, citazioni e brani scelti con cura, questa rubrica settimanale “Citazioni per il Commiato” vuole offrire un piccolo spazio di riflessione, conforto, memoria e ispirazione alla bellezza.
Che sia per ricordare chi non c’è più o per trovare un momento di intima connessione con se stessi.
Claudio Lolli
Claudio Lolli (Bologna, 1950 – 2018) è stato una delle voci più autentiche della canzone d’autore italiana.
Cantautore, poeta e insegnante, ha attraversato gli anni Settanta con una scrittura colta e viscerale, capace di raccontare le inquietudini dell’uomo comune e la tensione verso la libertà.
Nei suoi brani convivono rabbia e dolcezza, disillusione e speranza: un’umanità nuda che non si arrende.
La canzone “Aspettando Godot”, ispirata all’opera teatrale di Samuel Beckett, nasce nel 1972 come riflessione sull’attesa, sul senso della vita e sull’immobilità di chi aspetta un cambiamento che non arriva mai.
Ma nel suo verso più intenso, Lolli rovescia tutto: trasforma l’attesa in azione, la paura in coraggio, la morte in consapevolezza.
Aspettando Godot
Di Claudio Lolli
Vivo tutti i miei giorni aspettando Godot,
dormo tutte le notti aspettando Godot.
Ho passato la vita ad aspettare Godot.
Nacqui un giorno di marzo o d’aprile non so,
mia madre che mi allatta è un ricordo che ho,
ma credo che già in quel giorno però
invece di poppare io aspettassi Godot.
Nei prati verdi della mia infanzia,
nei luoghi azzurri di cieli e aquiloni,
nei giorni sereni che non rivedrò
io stavo già aspettando Godot.
L’adolescenza mi strappò di là,
e mi portò ad un tavolo grigio,
dove fra tanti libri però,
invece di leggere aspettavo Godot.
Giorni e giorni a quei tavolini,
gli amici e le donne vedevo vicini,
io mi mangiavo le mani però,
non mi muovevo e aspettavo Godot.
Ma se i sensi comandano l’uomo obbedisce,
così sposai la prima che incontrai,
ma anche la notte di nozze però,
non feci nulla aspettando Godot.
Poi lei mi costrinse ed un figlio arrivò,
piccolo e tondo urlava ogni sera,
ma invece di farlo giocare un po’,
io uscivo fuori ad aspettare Godot.
E dopo questo un altro arrivò,
e dopo il secondo un altro però,
per esser del tutto sincero dirò,
che avrei preferito arrivasse Godot.
Sono invecchiato aspettando Godot,
ho sepolto mio padre aspettando Godot,
ho cresciuto i miei figli aspettando Godot.
Sono andato in pensione dieci anni fa,
ed ho perso la moglie acquistando in età,
i miei figli son grandi e lontani però,
io sto ancora aspettando Godot.
Questa sera sono un vecchio di settant’anni,
solo e malato in mezzo a una strada,
dopo tanta vita più pazienza non ho,
non posso più aspettare Godot.
Ma questa strada mi porta fortuna,
c’è un pozzo laggiù che specchia la luna,
è buio profondo e mi ci butterò,
senza aspettare che arrivi Godot.
In pochi passi ci sono davanti,
ho il viso sudato e le mani tremanti,
e la prima volta che sto per agire,
senza aspettare che arrivi Godot.
Ma l’abitudine di tutta una vita
ha fatto si che ancora una volta,
per un momento io mi sia girato,
a veder se per caso Godot era arrivato.
La morte mi ha preso le mani e la vita,
l’oblio mi ha coperto di luce infinita,
e ho capito che non si può,
coprirsi le spalle aspettando Godot.
Non ho mai agito aspettando Godot,
per tutti i miei giorni aspettando Godot,
e ho incominciato a vivere forte,
proprio andando incontro alla morte.
La rivelazione dell’ultimo passo
In questi versi, la morte non è più un nemico ma una soglia di verità.
Il protagonista capisce che ha vissuto in attesa, rimandando ogni gesto a un “dopo” che non arriva mai.
E proprio nell’attimo finale, quando “la morte gli prende le mani”, scopre che la vita vera comincia solo smettendo di aspettare.
Nel contesto del commiato, Aspettando Godot diventa una canzone di accettazione e di coraggio.
È un invito a non rimandare più, a vivere “forte”, anche dentro la fragilità, anche di fronte alla fine.
Perché chi ama davvero la vita non la consuma nell’attesa, ma la compie fino in fondo, un passo dopo l’altro, “andando incontro alla morte” con dignità e luce.

















































































